Da stato unitario a stato federale by Sofia Ventura

Da stato unitario a stato federale by Sofia Ventura

autore:Sofia, Ventura [Ventura, Sofia]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Politica, Il Mulino/Ricerca
ISBN: 9788815141002
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2008-10-14T22:00:00+00:00


1.2. Lo «Union State» e la rinascita dei nazionalismi

Sebbene le questioni territoriali non siano mai completamente scomparse dalla politica britannica, la divisione dell’Irlanda nel 1921 e l’apparente soluzione – almeno per un periodo – della questione irlandese avevano collocato i problemi nazionali e di identità territoriale in secondo piano. A quei tempi la competizione politica verteva principalmente su problemi di natura socio-economica (la frattura di classe) e in alcuni periodi sulla politica estera, che a volte si sovrapponeva alla frattura di classe. Fu in questa fase di relativa calma sul fronte del conflitto territoriale che si sviluppò lo studio sistematico del Regno Unito da parte degli scienziati della politica; le analisi del sistema politico britannico tesero a focalizzarsi sul funzionamento di Westminster e Whitehall o sulla competizione tra i partiti laburista e conservatore, trascurando le dimensioni etniche e geografiche del confronto politico. Negli anni Sessanta Peter Pulzer [1967, 98] dell’università di Oxford dichiarava con sicurezza che «la classe è la base della politica britannica, tutto il resto è abbellimento e dettaglio».

L’arena della politica elettorale dell’epoca forniva argomenti piuttosto solidi a sostegno di una tale affermazione. Dopo la seconda guerra mondiale si era consolidato un bipartitismo quasi perfetto, con i laburisti e i conservatori che ottenevano la gran parte dei voti ed una quota ancora maggiore dei seggi alla camera dei Comuni. Nelle elezioni del 1951, il momento culminante del sistema bipartitico, i due maggiori partiti ottennero il 95,8% dei voti e il 97,5% dei seggi. Il 2,5% dei voti del partito liberale (con sei seggi in parlamento) completava il quadro di un sistema partitico quasi completamente nazionalizzato [Caramani 2004], nel quale quasi tutti gli elettori votavano per partiti presenti più o meno in tutto il territorio dello stato. La sola eccezione erano i dodici seggi rappresentanti formazioni dell’Irlanda del Nord, nove dei quali erano ottenuti dal partito degli unionisti dell’Ulster e gli altri tre dai candidati del Partito repubblicano (anti-unione). Gli unionisti dell’Ulster in questo periodo facevano parte del gruppo conservatore nella camera dei Comuni e offrivano un leale sostegno alla leadership conservatrice, diventando quindi parte effettiva di una forza politica presente in tutto il Regno Unito. I tre rappresentanti dei repubblicani irlandesi erano perciò i soli a rappresentare peculiarità territoriali a Westminster e nelle successive quattro legislature la loro presenza si assottigliò ulteriormente.

La tendenza a trascurare le questioni territoriali venne accentuata dall’ideologia dominante nell’immediato dopoguerra. Il partito laburista, impegnato nelle politiche egualitarie, spesso perseguite attraverso la gestione centralizzata degli affari economici e sociali, era istintivamente ostile all’idea di un trattamento diversificato dei vari territori del Regno Unito. Il governo Attlee del 1945-51 portò un certo numero di industrie strategiche sotto il controllo dello stato, una politica di nazionalizzazione in cui la nazione in questione era chiaramente il Regno Unito. Questo significava che i cantieri navali in Scozia o le miniere di carbone del Galles sarebbero stati gestiti da politici e burocrati con base a Londra, nell’interesse dell’efficienza economica e della giustizia sociale. In modo analogo, il consolidamento e l’espansione



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